Il lavoro agile, come abbiamo sempre cercato di sottolineare, contribuisce positivamente anche
all’ambiente, contribuendo a un calo delle emissioni di CO2 di 480 chilogrammi a persona ogni anno grazie alla riduzione degli spostamenti e all’uso limitato degli uffici (anche solo per due giorni di lavoro ogni settimana). Riguardo all’impatto sul mercato immobiliare, inoltre, è stato dimostrato che il 14% dei lavoratori da remoto ha cambiato o considera l’idea di cambiare casa, spesso optando per zone periferiche o piccole città in cerca di uno stile di vita diverso, generando così un effetto positivo su varie aree del paese.
Certo non tutto il sistema funziona alla perfezione. Innanzitutto, il lavoro remoto non sempre si traduce in modelli genuinamente “smart”. E solo i veri lavoratori agili, coloro che non solo lavorano da remoto ma dispongono anche di una flessibilità di orario e lavorano per obiettivi, mostrano livelli superiori di benessere ed engagement rispetto ai lavoratori tradizionali.
Né si può sorvolare sul fatto che, all’interno di molte realtà, lo smart working è ancora visto con sospetto. Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio smart working del Politecnico, sostiene infatti che “C’è una certa schizofrenia perché in diverse realtà vige ancora una certa cultura del sospetto per cui si obbligano le persone a lavorare in presenza il lunedì e il venerdì”. Ragion per cui occorre prima scardinare questo “vecchio” modo di approcciarsi allo smart per potere fare progressi e seguire il virtuoso esempio di aziende come Assicurazioni Generali. Modelli cioè in cui il lavoro in azienda viene
alternato a quello da remoto (a cui è sempre più spesso dedicata la giornata di venerdì).
Work-life balance, modello ibrido, coworking, sostenibilità ambientale. Tutti concetti su cui NotOnlyDesk ha sempre puntato e cercato di approfondire. In attesa di ulteriori aggiornamenti e di un futuro sempre più smart.